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uno suo figliuolo.
Volendo Seneca consolare una donna a cui era morto
un suo figliuolo ([sì come] si legge ne[l] libro Di conso-
lazione) disse cotali parole: Se tu fossi femina siccome
l altre, io non ti parlerei com io farò. Ma però che tu se
femina, e hai intelletto d uomo, sì ti dirò così: Due don-
ne furo in Roma; a ciascuna morì il figliuolo. L uno era
di cari figliuoli del mondo, e l altro era via più caro.
L una si diede a ricevere consolazione, e piacquele esse-
re consolata; e l altra si mise in uno canto della casa, e ri-
fiutò ogni consolazione, e diessi tutta in pianto. Qual[e]
di queste due è l meglio? Se tu dirai quella che voll esse-
re consolata, dirai il vero. Dunque perché piangi? Se mi
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Il Novellino
di : piango il figliuol mio, perché la sua bontà mi facea
onore, dico che non piang[i lui, ma] il danno tuo: onde
tu piagni te medesima, e assai è laida cosa piangere altri
se stesso. E se tu vuoli dire che: l cuor mio piange, per-
ché tanto l amava; non è vero che meno l ami tu morto
che quando era vivo. E se per amore fosse tuo pianto,
ché nol piangevi tu quand era vivo, sappiendo che do-
vea morire? Onde non ti scusare: tôti dal pianto. Se l
tuo figliuolo è morto, altro non può essere. Morto è se-
condo natura; dunque per convenevole modo, lo qual è
di n[e]cessitade a tutti. E così consoloe colei.
Ancora si legge di Seneca, [ch ]essendo maestro di
Nerone, sì lo batteo quand era giovane, come suo scola-
ro. E quando Nerone fo fatto imperadore, ricordossi
delle battiture di Seneca: sì lo fece pigliare e giudicollo a
morte. Ma cotanto li fece di grazia, che li disse che al-
leg[e]sse de qual morte elli volesse morire. E Seneca
chiese di farsi aprire tutte le vene in un bagno caldo. E la
moglie sì l piangea, e dicea: Deh, signor mio, che do-
glia m è che tu muori sanza colpa! E Seneca rispuose:
Meglio m è ch io mora sanza colpa, che con colpa. Co-
sì sarebbe dunque scusato colui che m uccide a torto.
LXXII
Qui conta come Cato si lamentava contra alla Ventura.
Cato filosofo, omo grandissimo di Roma, stando in
pregione e in povertade, parlava con la Ventura e dolea-
si molto, e dicea: Perché m hai tanto tolto? E poi si
rispondea in luogo de la Ventura, e dicea così: Figliuo-
lo mio, quanto dilicatamente t hoe allevato e nodrito! e
tutto ciò che m hai chesto t ho dato. La signoria di Ro-
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Il Novellino
ma t ho data. Signore t ho fatto di molte dilizie, di gran
palazzi, di molto oro, gran cavalli, molti arnesi. O fi-
gliuolo mio, perché ti rammarichi tue perch io mi parta
da te? E Cato rispondea: Sì, ramarico. E la Ventu-
ra rispondea: Figliuolo mio, tu se molto savio. Or non
pensi tu ch i ho figliuoli piccolini, li quali mi conviene
nutricare? vuo tu ch io l abandoni? non sarebbe ragio-
ne. Ohi, quanti piccioli figliuoli ho da notricare! Fi-
gliuol mio, non posso star più teco. Non ti ramaricare,
ch io non t ho tolto neente; ché ciò che tu hai perduto
non era tuo, perciò che ciò che si può perdere, non è
proprio. E ciò che non è proprio, non è tuo.
LXXIII
Come il Soldano, avendo bisogno di moneta, vuolle cogliere
cagione a un giudeo.
Il Soldano, avendo bisogno di moneta, fu consigliato
che cogliesse cagione a un ricco giudeo ch era in sua ter-
ra, e poi gli togliesse il mobile suo, ch era grande oltre
numero. Il Soldano mandò per questo giudeo, e doman-
dolli qual fosse la migliore fede, pensando: s elli dirà la
giudea, io dirò ch elli pecca contra la mia. E se dirà la sa-
racina, e io dirò: dunque, perché tieni la giudea? El giu-
deo, udendo la domanda del signore, rispuose: Messe-
re, elli fu un padre ch avea tre figliuoli, e avea un suo
anello con una pietra preziosa la migliore del mondo.
Ciascuno di costoro pregav[a] il padre ch alla sua fine li
lasciasse questo anello. El padre, vedendo che catuno il
voleva, mandò per un fino orafo, e disse: Maestro,
fammi due anella così a punto come questo, e metti in
ciascuno una pietra che somigli questa. Lo maestro fe-
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Il Novellino
ce l anell[a] così a punto, che niuno conoscea il fine, al-
tro che l padre. Mandò per li figliuoli ad uno ad uno, e
a catuno diede il suo in secreto. E catuno si credea avere
il fine, e niuno ne sapea il vero altri che l padre loro. E
così ti dico ch è delle fedi, che sono tre. Il Padre di so-
pra sa la migliore; e li figliuoli, ciò siamo noi, ciascuno si
crede avere la buona. Allora il Soldano, udendo costui
cosie riscuotersi, non seppe che si dire di coglierli cagio-
ni, sì lo lasciò andare.
LXXIV
Qui conta una novella d uno fedele e d uno signore.
Uno fedele d un signore, che tenea sua terra, essendo
a una stagione i fichi novelli, il signore passando per la
contrada, vide in su la cima d un fico un bello fico matu-
ro; fecelsi cogliere. Il fedele si pensò: da che li piacciano,
io li guarderò per lui. Sì si pensò d imprunarli, e di guar-
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